Cile e poi Europa
Passata la “buriana” di polemiche e contestazioni dell’immediato post-mondiale le valutazioni sono per fortuna un pochino più serene ed obiettive; la federazione riconosce a Bielsa i meriti per quello fatto soprattutto prima del Mondiale e per come la sua Nazionale ha comunque saputo esprimersi in termini di gioco espresso e di immagine. E poi ci sono i giocatori; sono tutti con lui e i riconoscimenti al suo lavoro sono tanti, genuini e immediati. Sabastian Veron in primis. E così si riparte e l’obiettivo stavolta è la Copa America. Bielsa si riprende dal difficilissimo periodo successivo al mondiale dove si isola per settimane. La squadra è ancora con lui e risponde alla grande. L’Argentina arriva in finale contro il rivale classico; il Brasile. L’Argentina sta vincendo due a uno ma quando mancano una manciata di secondi al fischio finale “l’imperatore” Adriano pareggia. Anche stavolta saranno rigori … e anche stavolta l’Argentina soccombe. Altra grandissima delusione ma da lì a poco ci sono le Olimpiadi; la Nazionale Argentina, con Bielsa al timone, vince l’oro di Atene con Carlitos “l’Apache” Tevez tra i grandi protagonisti. Le perplessità però non si placano completamente e Bielsa “sente” la pressione mentre ricomincia il cammino verso i Mondiali tedeschi del 2006. La situazione diventa per lui insostenibile. Non uno “che sta in chiesa a dispetto dei santi”. Se sente che l’aria è pesante e non sono tutti a remare nella stessa direzione El Loco non ci sta. Dà le dimissioni, se ne va alla sua maniera, a testa bassa. Senza troppi commenti, polemiche o manfrine. Ma le statistiche parlano per lui; è l’allenatore con la media più alta nella storia del calcio argentino. Delle 85 partite giocate ben 56 sono quelle vinte, 18 quelle pareggiate e solo 11 quelle perse. Quello che in quel momento non sa e che per lui inizieranno 3 anni lunghissimi, interminabili e che rischiano di corroderlo. Tre anni senza una squadra da preparare, da gestire, da creare, da mettere in campo. Tre anni dove l’ossessione per il calcio diventa ancora più ossessiva e maniacale. Migliaia di partite in video, su Internet, dalle tribune di Sudamerica ed Europa. Ma alla fine di questi 3 terribili anni arriva un’altra Nazionale a richiedere i suoi servigi; è quella Cilena. Il livello non è certo quello dell’Argentina, ma c’è la promessa da parte della Federazione Cilena di disponibilità e tempo. Dopo lunghe trattative Bielsa accetta. Tre anni di contratto con obiettivo dichiarato i Mondiali di Sudafrica del 2010. Nelle qualificazioni il Cile da spettacolo, soprattutto nella seconda parte dopo il normale periodo di acclimatamento al “metodo Bielsa” da parte di giocatori e staff. Il Cile termina secondo nel girone sudamericano di qualificazione, a un solo punto dal Brasile e davanti all’Argentina. In Cile esplode la “Bielsa mania”. I giocatori cileni sposano totalmente le convinzioni di Bielsa, lavorano duramente per assimilare i suoi dettami … quello che ne esce è una miscela esplosiva di abnegazione, talento e velocità. Bielsa butta dentro poco che più ragazzini Alexis Sanchez, Arturo Vidal che insieme ad altri eccellenti giocatori come il portiere Claudio Bravo o al centrocampista Jorge Valdivia sono pronti a stupire al mondiale sudafricano. Ne girono di qualificazione battono Honduras e Svizzera prima di cedere di misura ai futuri campioni della Spagna. Si qualificano così per il secondo turno, avvenimento storico per la Nazionale Cilena dove però soccombono nettamente contro il Brasile. Il Cile lo adora e chiunque parli con un cileno vi dirà, con una mescola di orgoglio e rimpianto, “che mai più rivedremo un Cile giocare così !”. Ma altri conflitti interpersonali fanno si che il Bielsa inizi a stare stretto nell’incarico. C’è un tira e molla che dura quasi un anno con la Federazione ma alla fine Bielsa se ne va, tra le lacrime (letterale) sue nella conferenza stampa di commiato e dei milioni di tifosi cileni che si erano identificati nel “Loco” e nel suo calcio. Ma Bielsa non è solo questo. E’ identificazione totale con un popolo, è dedizione totale al suo lavoro ed anche tanta solidarietà anche e soprattutto economica ad associazioni, strutture e famiglie in difficoltà. Ci prova persino il Presidente cileno a convincere Bielsa a ripensarci. Nulla da fare. La prossima tappa è una bellissima e intensa basca: Bilbao. Chi scrive è tifoso sfegatato di quella squadra e soprattutto della sua filosofia (solo baschi nel team) e di quel popolo meraviglioso. Bielsa promette ad Urrutia prima delle elezioni presidenziali dell’Athletic che in caso di vittoria dell’ex capitano dell’Athletic avrebbe accettato la proposta di allenare i biancorossi baschi. Nel frattempo però arriva l’Inter che dopo Mourinho ha bisogno di trovare un allenatore altrettanto preparato, carismatico e vincente. L’Inter si mormora faccia una proposta “spaventosa” a Bielsa, di quelle che è “impossibile non accettare”. E infatti Bielsa NON accetta e tiene fede alla promessa fatta alla gloriosa società basca, diventando così l’allenatore dell’Athletic. Chi scrive, da “hincha” dell’Athletic e ammiratore di Bielsa, in realtà aveva molti più dubbi che certezze. Troppo diverso il calcio “classico” dell’Athletic da quello solitamente proposto da Bielsa; da un sistema di gioco quasi britannico (gioco molto verticale, spesso cercando la testa di Llorente per le sue spizzate, oppure verticalizzazione sulle fasce per arrivare sul fondo a crossare) utilizzato da Caparros passare ad un gioco assai più tecnico e al tempo stesso dispendioso, fatto di possesso palla, di sovrapposizioni continue, di squadra molto più corta e compatta poteva avere nefasti contraccolpi. I primi due mesi sono stati poco più che un incubo. La squadra stentava a decollare, i risultati nella Liga poco meno che disastrosi. Ma da Bilbao filtravano voci che parlavano di un totale coinvolgimento della squadra nel lavoro proposto da Bielsa. Capitan Gurpegi in primis sosteneva e appoggiava il lavoro del Mister argentino e ben presto l’Athletic non solo si è risollevato in campionato flirtando per tutta la stagione per un posto in Champions ma è arrivato a DUE finali di coppa; la tanto amata Copa del Rey in Spagna e l’Europa League in continente. Le due finali in se non hanno fatto onore alla squadra, al Mister argentino e al Club. Forse stanca, forse impreparata a giocare due avvenimenti così importanti o forse la forza delle avversarie (l’emergente Atletico Madrid del Cholo Simeone in Europa League e nientedimeno che il Barcelona nella Coppa del Re) fatto sta che l’Athletic perde nettamente entrambe le finali. Ma nessuno di fede bilbaina dimenticherà mai alcune delle performances di quell’Athletic e in particolar modo la vittoria all’Old Trafford sul Manchester Utd. di Sir Alex Ferguson, dove l’Athletic toccò vette di calcio forse mai vista nella storia del pur glorioso club basco.
Il secondo anno, come spesso accade nella storia del “Loco” nei clubs, non è all’altezza della prima stagione. Malumori interni con qualche dirigente, una campagna acquisti che non soddisfa il Manager argentino e soprattutto i dissidi con i due giocatori forse più talentuosi dell’Athletic (Llorente e Martinez)ma anche forse più “pigri” sotto l’aspetto di quel totale coinvolgimento alla causa che sempre chiede Marcelo fanno si che la seconda stagione di Bielsa sia discreta e nulla più.
Il resto è storia recente. Bielsa è alla sua prima stagione all’Olympique Marsiglia. Accetta la proposta del Presidente Vincente Labrune anche se dopo poche settimana manifesta, alla sua maniera, il suo “enfado” per una campagna acquisti per diversa da quella promessa dalle alte cariche del Club transalpino. Il Presidente compra qualche giocatore ma nessuno di quelli voluti da Bielsa. Chissà, forse qualche anno prima “El Loco” avrebbe piantato baracca e burattini in una situazione del genere. Stavolta Bielsa rimane ma la situazione è a dir poco delicata; eredita infatti un team incapace nella stagione precedente di conquistare un posto nelle competizioni europee e con un parco giocatori non certo migliorato… Come al solito Bielsa va a vivere nella sede degli allenamenti del Club (leggi a parte negli aneddoti quello che fece in Cile) e inizia un paziente e al solito ossessivo lavoro di “costruzione” della sua idea di calcio, rendendo chiarissimo fin dall’inizio cosa si aspetta dai suoi giocatori. Intanto la città di Marsiglia è in fibrillazione … i marsigliesi sono “locos” di natura e non sembra loro vero di avere alla guida della loro squadra un manager con caratteristiche così simili. Alla prima di campionato uno spumeggiante 3 a 3 con il Bastia, perde la partita successiva ma poi l’Olympique infila una serie di 8 vittorie consecutive che lo proiettano al vertice della Ligue 1, davanti a quel PSG che come risorse economiche è forse 10 volte superiore. Come andrà a finire non si sa, ma di certo il “Bielsismo” ha contagiato anche Marsiglia a tal punto che qualche tv locale ha messo una telecamera addosso a Bielsa per tutti i 90 minuti di partita, proprio per non perdersi un solo gesto, una sola espressione, un solo moto di gioia o di rabbia del Loco.
A neppure 60 anni ci sarà ancora tanto da ammirare di Marcelo Bielsa, tanti trofei ancora deve sollevare e tanto farà ancora discutere. Ma di certo c’è, che nella noia quasi mortale di un calcio globalizzato e di allenatori ormai più bravi nei rapporti con la stampa che a insegnare calcio, un uomo come Bielsa è quello di cui ha davvero bisogno il calcio per fare la storia e per alimentarla. Di qualcuno cioè, che può vincere o perdere ma che lo fa lasciando un segno indelebile nella memoria collettiva. Perché nel calcio la storia non sempre la fa chi vince.
LE 7 PIU’ BELLE FRASI DI BIELSA
In merito alla sua idiosincrasia per i giornalisti “La vostra arma come giornalisti è la parola scritta. La mia è la parola “parlata”. Io utilizzo 50 frasi per costruire e rendere chiaro un concetto … e dopo voi dovete mettere tutto questo in una riga …”
Filosofia controcorrente “i cambiamenti in una squadra si attuano quando si vince, non quando si perde. Quando si perde è il momento di osservare e capire.”
Parlando con il suo pupillo/allievo Pep Guardiola “Pep, tutti sappiamo quando un giocatore è bravo o scarso. Tu, io e la maggioranza di chi segue il calcio. Il merito vero è capire quando un giocatore che sembra normale può diventare davvero bravo. Un buon allenatore è quello che porta il giocatore ad esprimere il massimo del suo potenziale, o a scoprirlo quando ancora nessuno lo ha fatto”
Il calcio secondo Bielsa “L’unico modo che ho io di intendere il calcio è pressione costante, giocare nella metacampo avversaria ed essere il padrone del pallone.”
Le origini “Sono a favore di un calcio più aggressivo e meno paziente. Perché ? Perché sono ansioso di natura e perché sono argentino”
Raccontata da Sebastian Veron. In una delle prime partite al timone dell’Argentina Bielsa convoca una riunione di spogliatoio chiedendo alla squadra se preferivano giocare con una linea difensiva a 3 o a 4. I giocatori, in modo compatto, votarono per la linea a 4. Bielsa raccoglieva le segnalazioni segnando le preferenze sulla lavagna … “linea a 4 … linea a 4 … linea a 4 … linea a 4 … Bene, questo dimostra quale è il modulo preferito da voi. Vi annuncio che il mio preferito è invece a 3, e così giocheremo. Grazie a tutti.” … e se ne andò …
Infine, raccontata da Nelson Vivas poco prima di un Colombia-Argentina per la Copa America. Bielsa entra negli spogliatoi prima del match “Muchachos, nelle risse di strada ci sono due tipi di combattenti; quello che picchia, vede il sangue, si spaventa e finisce per soccombere. E poi c’è quello che picchia, vede il sangue, e va fino in fondo, fino ad uccidere l’avversario … io vengo dal campo e vi garantisco che c’è odore di sangue …”
Nel video allegato ricostruita con grande bravura la carriera di Bielsa dagli esordi come calciatori fino al periodo con l’Athletic Bilbao