ODE A MATIAS ALMEYDA


In questi tristissimi anni di calcio globalizzato, così noiosamente uguale a se stesso praticamente ad ogni latitudine, sono stati assai pochi quelli che nel panorama mondiale hanno saputo proporre qualcosa di nuovo, diverso e interessante.

Marcelo Bielsa e il suo calcio così spudoratamente offensivo, capace di proporre praticamente in ogni fase offensiva anche 8 o addirittura 9 giocatori regolarmente OLTRE il proprio giocatore in possesso di palla, prima con il mio amato Athletic e poi per qualche grappolo di mesi anche all’Olympique, in modo da avere non una o due ma decine di alternative in fase di attacco.

Poi c’è stato Jurgen Klopp con il suo Borussia Dortmund e il suo ritmo ossessivo, tambureggiante … “heavy metal” come lo definì lo stesso Klopp, fatto di continui inserimenti, di giocate in verticale, di variazioni sul tema continue tra gioco sulle fasce. percussioni centrali, scambi vorticosi palla a terra o palle lunghe negli spazi per allungare la squadra avversaria.

Ma degni di nota sono anche i quasi commoventi legami con la tradizione del più puro calcio britannico fatto di ali a sporcarsi i piedi di gesso sulla linea laterale e a proporre crosses in stecca per la “torre” d’area classica di un calcio britannico che non esiste più … se non in 2nd division o ancora più giù … “Big” Sam Allardyce con il West Ham (e Downing, Jarvis e Andy Carroll come attori principali) e il bravissimo e assolutamente “underrated” Tony Pulis che ha un CV da far invidia a 4/5 dei suoi colleghi della Premier … ma che più in là di Stoke City, Crystal Palace e Wba non potrà mai andare perchè poco fashion con la sua tuta, la sua pelatina e il suo cappellino.

Aldilà di questi “sani” esempi di anarchia calcistica ce n’è uno che più di tutti ha colpito il mio occhio e il mio cuore da vecchio romantico innamorato dei “maledetti e dei perdenti”: il suo nome è Matias Almeyda.

Moltissimi lo ricorderanno come autentico guerriero del centrocampo di Argentina, Parma e Lazio fra le altre ma che come allenatore ha saputo “stregarmi” con la sua proposta di calcio nuova perchè antica … e quindi doppiamente affascinante !

Dopo la dolceamara esperienza sulla panchina del suo adorato River Plate per lui arriva la chiamata del Banfield, retrocesso in Seconda Divisione e voglioso di tornare a giocare sui più prestigiosi campi di Argentina.

Almeyda riporta al primo tentativo il Banfield in Primera ma quello che colpisce è il modo con cui ottiene questo risultato: giocando un calcio che definire offensivo è riduttivo, limitante e quasi offensivo ! Il suo è un 3-3-1-3 che ricorda da vicino quello di Bielsa degli inizi al Newell’s o con la Seleccion Albiceleste … ma che forse riesce ad essere ancora più estremo !

In possesso palla il Banfield gioca con praticamente TUTTI i propri giocatori che si propongono in fase offensiva, sia che la palla l’abbia l’unico difensore centrale (e gli altri due del reparto difensivo sono “aperti” e alti sulle fasce come due autentici terzini) sia quando la palla ce l’ha il centromediano metodista dove i terzini salgono ulteriormente e i due esterni offensivi (e chiamiamole ali cazzo !) sono oltre la punta centrale !!!

Giocatori che giocano spesso a 20 metri uno dall’altro aprendo il campo in profondità e in ampiezza come ti insegnano ai corsi di allenatore … e poi come non fa quasi nessuno per timore delle ripartenze avversarie …

I rischi sono altissimi, perdere palla vuol dire regalare praterie agli avversari … ma quando la palla gira con fluidità sono innumerevoli le occasioni in cui il Banfield è riuscito a creare quella famosa superiorità numerica in fase d’attacco che in tanti cercano … e quasi nessuno trova.

Giocatori come Cazares o Bertolo (ora al River) capaci di saltare l’avversario diretto nell’1 contro 1 con una tecnica individuale eccellente, Tito Noir, ala destra con un cambio di passo devastante (ora con i campioni in carica del Racing di Milito) o due centrocampisti con visione di gioco, tecnica e geometria come Domingo o l’intramontabile Erviti (passato recente nel Boca). Come terzini due forze propulsive continue e martellanti come Toledo e Tagliafico (entrambi passati all’Independiente).

In attacco a finalizzare prima Chavez, autentica forza della natura, per potenza nella corsa e di tiro (ora bestemmio … il giocatore che più mi ha ricordato Gigi Riva negli ultimi 30 anni) passato al Boca ma il cui “decollo” è sempre stato interrotto da problemi fisici e in seguito il paraguayano Salcedo, niente di speciale ma che con l’infinità di assists che riceveva sembrava forte pure lui !

A supportare tutto questo ragionamento una statistica che non può mentire; nella stagione scorsa il Banfield è stata la squadra che ha creato più palle gol fra tutte le partecipanti all’ultimo campionato corto della storia del calcio argentino … finendo però poco sopra la metà classifica …

Questo ha fatto si che a tratti mi sono divertito come un matto guardano le partite del Banfield, emozionato per il coraggio della proposta di gioco di Almeyda e convinto sempre di più che, chiunque vorrà avvalersi della sua guida, quantomeno vedrà una squadra “giocare a calcio”. Si perchè Matias qualche settimana fa si è dimesso dal Banfield ritenendo, dopo poco più di due anni, il suo ciclo nel “Taladro” terminato.

Non mi illudo che nel globalizzato e spaventatissimo calcio europeo qualcuno possa essere così lungimirante da scegliere il “pelado” per la sua panchina … ma se nel giro di qualche settimana una qualsiasi grande squadra del calcio argentino o sudamericano non metterà nel suo libro paga questo grande allenatore vorrà dire che … beh, il calcio romantico è davvero finito oppure che il sottoscritto (e questa forse è la più probabile …) di calcio non ne capisce poi un granché …