STORIE MALEDETTE: LA PUERTA 12


 

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E’ stata la più grande tragedia del calcio argentino.

Di più.

E’ stata una autentica strage.

71 vittime.

Età media 19 anni, morti al termine di una partita di calcio.

Era il 23 giugno del 1968.

La partita era … “LA partita”.

River Plate contro Boca Juniors.

Al Monumental, la casa dei “Millionarios”.

Quelli sono anni maledetti per l’Argentina.

La crisi economica sta investendo il Paese dopo la grande illusione del 1963/1964 dove il calo della disoccupazione fu sensibile e dove il salario reale crebbe in maniera importante

Solo due anni prima c’è stato un golpe militare, quello guidato dal Generale Julio Alsogaray che porterà al potere il Generale Juan Carlos Ongania, a spazzar via la schiacciante vittoria del Peronismo alle elezioni del 1965.

La repressione, che il popolo argentino conoscerà in maniera devastante meno di dieci anni dopo, è all’ordine del giorno.

Sono anni duri, dove la violenza è in ogni piega della vita del Paese.

Il calcio non fa differenza, anzi.

E’ violenza sugli spalti ed è violenza in campo.

Ed è in questo contesto che si gioca il “Superclasico” di quell’inverno del 1968.

La partita è “aburrida” come dicono da quelle parti.

Poco spettacolo, poche giocate e tanti calcioni.

Gli spalti ai tempi non erano certo simili ai “salotti” degli stadi inglesi attuali.

E quel giorno il clima dentro il Monumental, era particolarmente teso.

Bandiere avversarie bruciate, frizioni continue tra le due tifoserie, lancio di oggetti vari da un settore all’altro.

Uno dei “passatempi” preferiti ai tempi era quello di riempire bicchieri di carta di urina e lanciarla nei posti sottostanti.

Questo in particolare pare fosse l’esercizio preferito quel giorno soprattutto fra i tifosi più giovani.

Mancano meno di 10 minuti alla fine del match.

La partita, come detto, è tutto fuorché avvincente.

Fa freddo, in Argentina è pieno inverno e a quel punto un grande numero di tifosi del Boca decidono di avviarsi vero le uscite.

Una di queste è la “Puerta 12”, uno dei cancelli, stretti e ripidi da dove gli stessi tifosi sono entrati meno di due ore prima.

E qui succede qualcosa di imprevisto.

E tragico.

I tifosi che stanno scendendo verso quel cancello ad un certo punto si trovano davanti altri tifosi che non riescono a defluire normalmente.

Alle loro spalle continuano ad arrivare tifosi che si incanalano verso quel budello stretto, irregolare e semibuio.

Bastano pochi minuti per trasformare quel posto in una trappola mortale.

Ci sono centinaia di persone intruppate in pochi metri.

La calca è spaventosa.

Da dietro continuano a scendere tifosi.

Chi è davanti invece tenta disperatamente, e inutilmente, di risalire.

Lo spazio per respirare non c’è più.

Si diffonde la “bestia” peggiore che può insinuarsi nell’animo umano; il panico.

Chi perde l’equilibrio e cade a terra non ha possibilità di scampo.

I tifosi del Boca che scendono dalla porta a fianco, la 13, notano immediatamente che c’è qualcosa che non va.

Ma la polizia è già lì ed è schierata in massa proprio davanti alla porta 12.

Cosa è successo realmente ?

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Intanto iniziamo dalla fine.

Nessun colpevole. Per il Governo Argentino e la giustizia del Paese nessuno ha avuto responsabilità oggettive in questa tragedia.

“Una disgrazia”.

Le terribili parole con cui tante, troppe volte, abbiamo sentito mettere il sigillo su tragedie, stragi, e disastri di varia natura.

Il Governo argentino, immediatamente dopo la tragedia, ha un solo obiettivo; chiudere “la pratica” il più presto possibile.

I racconti di chi si presenta spontaneamente alla Polizia per testimoniare non vengono trasformati in verbali, anzi.

Molti dei testimoni oculari di quel giorno vengono minacciati.

Viene offerto un pugno di “pesos” alle famiglie che hanno perso tanti dei loro ragazzi quel giorno, si e no abbastanza per pagare il funerale di quei disgraziati che hanno perso la vita per una partita di calcio.

La cifra è ridicola.

Vergognosa.

Poco più di 1.000 dollari a famiglia.

In cambio una firma per rinunciare ad aprire azioni legali contro il River, la Federazione Argentina e la Polizia.

Accettarono quasi tutti.

Tranne due.

Nélida Oneto de Gianolli y Diógenes Zúgaro che fecero causa per Responsabilità Civile al River e che ricevettero a fine processo 50.000 dollari circa cadauno.

L’inchiesta termina quasi subito.

Qualcuno dice che i tornelli che servono per far entrare ad uno ad uno i tifosi all’inizio della partita non sono mai stati tolti e che scendendo i tifosi del Boca se li sono trovati davanti come ostacolo insormontabile.

Qualcuno parla di negligenza, addirittura della saracinesca di entrata della “Puerta 12” praticamente chiusa completamente e che ha virtualmente intrappolato i tifosi del Boca in quel piccolo budello.

Ma sono in tanti che danno un’altra, ancor più agghiacciante versione.

Come detto c’è un governo militare al potere, instauratosi dopo un Golpe meno di due anni prima.

Durante la partita i tifosi del Boca intonano spesso cori “Peronisti”, assolutamente vietati a quell’epoca.

La Polizia aspetta il momento per farsi giustizia.

Il momento giusto è mentre i tifosi iniziano a scendere verso l’uscita.

Ci sono già state cariche nel secondo anello ma ora buona parte dei poliziotti sono sistemati all’uscita proprio della “Puerta 12”, quella da dove usciranno gran parte dei tifosi del Boca.

E lì pare inizi la carica più violenta a tutti coloro che si apprestano ad uscire da quell’angusto cancello.

Così si spiegherebbe il perché non solo quasi nessuno riesce ad uscire ma anche il perché tanti tentino disperatamente di risalire l’ingresso e tornare verso la relativa tranquillità della tribuna.

Come detto certezze assolute non ce ne sono.

Ma il coro che si poteva udire sugli spalti nel derby successivo, cantato da tutti i tifosi del Boca e pare anche da tanti di quelli del River, lascia ben poco spazio alle supposizioni …

No habia puerta, no habia molinete, era la cana que daba con el machete” … “non è stata colpa della porta, non è stata colpa dei tornelli, è colpa della polizia che picchiava col manganello” …

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A seguire il breve trailer sul Documentario “La PUERTA 12”, unico tentativo di chiarire la verità su questa tragedia assurda.

 

Nota: questo articolo è stato possibile grazie alla preziosa collaborazione di due grandi amici che, come altri in passato, mi hanno dato la possibilità di raccontare le mie piccole storie, questa in particolare.

Grazie a Federico Lopez Campani e a Roberto Bianchi.

 

 

STORIE MALEDETTE: Tifosi, magliette, espulsioni e parole (… mai dette …)


de marta

Che questo meraviglioso Paese sia fonte di contraddizioni, polemiche, passioni e contrasti è risaputo da sempre.

Che il calcio ne sia lo specchio più fedele è altrettanto risaputo.

Ma le due storie che stiamo per raccontare sono talmente particolari e divertenti che qualcuno può pensare che siano solo frutto della fantasia di qualche “penna” particolarmente creativa o magari di qualche racconto tramandato di generazione in generazione e magari infarcito di qualche nuovo spunto ad ogni “passaggio”.

Non è così. Tutto vero.

E’ il 26 marzo 1994 e il Chacarita Juniors ospita l’Almagro per un importante incontro di “Primera B”.

Nel sottopassaggio sfilano i calciatori delle due squadre ma qualcosa salta subito all’occhio; è praticamente impossibile distinguere le due squadre che indossano una casacca assolutamente identica.

Come è potuto accadere ?

Semplice. Entrambi i teams hanno materiale della ditta brasiliana “Penalty”.

La prima maglia di entrambi i team ha lo stesso disegno ma colori base diversi, rosso per il “Chaca” e azzurro per Almagro.

Chacarita_03

Il guaio che la ditta brasiliana ha disegnato per entrambe la stessa identica “seconda maglia” e che per questo match entrambe abbiano deciso di utilizzare proprio quest’ultima !

Il Chacarita non ha un’altra casacca di ricambio e ovviamente l’Almagro neppure.

Si rischia un “empasse” clamoroso, compreso ovviamente il rinvio del match.

L’arbitro del match, il Signor Gustavo de Gennaro riunisce capitani e dirigenti.

Nessuno sa cosa fare.

Per fortuna ci pensa il commentatore radiofonico Oscar Scotton, con un’idea semplice quanto geniale; le maglie al Chacarita le possono offrire direttamente i tifosi.

Si, perché in Argentina come in tante altre parti del mondo non c’è cosa più bella per un tifoso che seguire il match con i colori della propria squadra.

In pochi minuti la notizia viene fatta circolare e in un batter d’occhio il campo di gioco è letteralmente coperto di magliette rosse, bianche e nere del “Chaca” … e le tribune piene di spettatori a torso nudo o in canottiera !

Arrivano praticamente tutti i numeri tranne il “4” (in Argentina è il numero del terzino destro) che nessuno dei tifosi locali pare avere in grazia ! ll rimedio è immediato: una maglia numero 14 a cui con un cerotto bianco viene coperto il numero 1 !

E’ vero, le magliette non sono tutte uguali, qualcuna è di un paio di stagioni prima, qualcuna ha disegni leggermente diversi e qualcuna ha manica lunghe e altre le hanno corte … ma il match, grazie a questa “ispirazione” può avere inizio regolarmente.

La partita (la sintesi, della serie “vedere per credere” è qui sotto !) finisce 3-2 per il Chacarita ma le beffe non finiscono qui !

La ditta “Penalty” prima dell’incontro in onore delle uniche due squadre argentine rappresentanti del loro marchio decide di istituire il “Trofeo Penalty” assegnato alla squadra che uscirà vittoriosa dal match.

E , così quando a fine partita il capitano dei “funebreros” del Chacarita Sergio Ricardo Lara si avvicina al Dirigente della “Penalty” per ricevere il premio … si trova davanti l’ennesima sgradita sorpresa della giornata; il capitano Lara indossa una maglia del Chacarita si, ma quella della stagione precedente quando lo sponsor era il marchio “Taiyo” !!!!

https://youtu.be/zJpWQNBmvp4

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E’ l’8 novembre del 1972.

Per il Campionato Metropolitano si affrontano Huracan ed Estudiantes.

La partita è tiratissima, equilibrata e, come quasi consuetudine in quegli anni magici del calcio sudamericano, decisamente combattuta.

L’Huracan sta vincendo 2 a 0 ma l’Estudiantes sta producendo un grande sforzo nel tentativo di riaprire il match.

Ad inizio ripresa quella che può essere la svolta del match; l’arbitro, il Signor Washington Mateo, decide di fischiare un penalty a favore dei “Pinchas” di Mar de La Plata.

La partita, grazie a questo calcio di rigore, può permettere agli uomini in biancorosso di “tornare in partita”.

Accade però quello che generalmente non accade mai; pressato dalle proteste dei giocatori del “Globo” padrone di casa il “Senor Mateo” cambia idea.

Niente penalty.

A questo punto si scatenano la proteste dei giocatori dell’Estudiantes, veementi  e decisamente aggressive. Nel parapiglia che ne consegue la giacchetta nera argentina decide di espellere il centrocampista dei “Pinchas” Carlos De Marta, reo di essere andato aldilà dei limiti nelle offese e nelle ingiurie al Direttore di gara.

La partita termina 2 a 0 per l’Huracan e il giorno dopo la Federazione Argentina prende immediatamente provvedimenti convocando d’urgenza … l’arbitro Washington Mateo !!!

Nessuna sanzione per il giocatore dell’Estudiantes ma un importante richiamo ufficiale per l’arbitro Mateo.

Il motivo ?

Carlos de Marta è SORDOMUTO dalla nascita. (!)

de marta

 

LA STAR DEL FUTURO: RODRIGO “LOLO” BENTANCUR


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Quando la Juventus decise di assecondare l’amore di Carlitos Tevez per il suo Boca ricordo che lessi che nella trattativa la “Vecchia Signora” voleva includere un giocatore giovanissimo, di neppure 18 anni, tale Rodrigo Bentancur che avrebbe dovuto prendere la via di Torino nell’operazione Tevez.

Avendo amici di provata fede “Xeneises” provai ad informarmi su questo ragazzo che fino ad allora era per me un perfetto sconosciuto o quasi.

“El Pibe de la Reserva” (così si riferì a Rodrigo il mio amico) “es un autentica joya”. Va a ser titular en dos temporadas”.

Al momento pensai che il mio amico stava forse un po’ esagerando. In fondo a centrocampo il Boca non era certo messo male ! Gago intoccabile in cabina di regia per 3-4 stagioni buone, Perez,  giocatore squisito e che il Boca contava di riscattare definitivamente dal suo Club della Liga spagnola e poi giovani rampanti come Meli, Cubas o il più navigato Erbes che già avevano fatto diverse apparizioni in prima squadra.

In effetti il mio amico aveva esagerato … troppo pessimista !

Rodrigo Bentancur dalla primavera scorsa, con i suoi 17 anni, si stava già ricavando il suo spazio nel Boca di Arruabarrena, suo assoluto estimatore fin dagli inizi.

Personalmente mi sono bastate due partite della scorsa stagione appunto (contro Newell’s e Banfield, entrambe alla Bombonera) per rendermi conto che di questo filiforme ragazzo uruguayano ne avremmo sentito parlare molto presto e per tanti e tanti anni a venire.

Un eleganza sublime, un tocco di palla raffinatissimo, grande visione di gioco e tanto tanto movimento anche in fase di non possesso sia quando c’è da fare “filtro” sia quando c’è da proporsi in fase offensiva attaccando gli spazi.

Lo so, è una bestemmia e qualcuno mi darà del matto (come minimo !) ma è il giocatore più somigliante a Zinedine Zidane che io abbia mai visto da quando quel fenomeno francese ha deciso di appendere le scarpe al chiodo !

… e chissà. Il fatto che proprio il Real Madrid abbia sondato recentemente il terreno per questo ragazzo e considerando chi ne è l’attuale allenatore … forse non l’ho neanche sparata così grossa !

El LOLO, come da tutti viene chiamato Rodrigo, nasce in Uruguay nel giugno del 1997, nella cittadina di Nueva Helvecia e gioca nel piccolo Club Artesamo della sua città.

Adora il calcio ovviamente e in famiglia il calcio è decisamente di casa visto che il padre è proprio il Presidente del Club Artesano, il più importante della città e dove il piccolo Lolo ha da poco iniziato a giocare.

Ma come il destino decida di giocare un ruolo decisivo per portarlo a 12 anni a lasciare la sua cittadina e a trasferirsi in un’altra nazione, in una metropoli come Buenos Aires e a giocare per un Club di statura mondiale come il Boca beh … è davvero notevole !

Succede che un allenatore del Club Artesano, Daniel Fernandez, grande amico del padre di Rodrigro, decide di organizzare, nella sua scuola calcio, una giornata di allenamento con la supervisione del Prof. Horacio Anselmi, uno dei “Profe” del Boca Juniors ma essenzialmente un professore di educazione fisica e comunque relazionato con altri sport delle giovanili del Boca e non con il calcio. Quel giorno, dopo la mattina al liceo, Rodrigo decide di passare a salutare il padre impegnato in questa “dimostrazione”. Manca qualche unità per la serie di esercizi che ha in mente Fernandez e allora chiedono al piccolo Lolo di fermarsi per partecipare.

Rodrigo racconta che quasi supplica il padre di lasciarlo andare a casa in quanto è tutt’altro che entusiasta di fare salti, corse, flessioni ed esercizi fisici di varia natura.

Il padre lo convince  e quello che vede il Prof. Anselmi è sufficiente per decidere di portare con se il ragazzo a Buenos Aires per aiutarlo essenzialmente nella correzione di alcune posture non proprio perfette, come ad esempio l’appoggio del piede durante la corsa.

Il tutto sarebbe dovuto durare non più di una giornata ma quel lunedì di dicembre stabilito per il lavoro di “correzione” di Rodrigo c’è una sorpresa; il Prof. Anselmi è partito per il Giappone e sarebbe stato di ritorno solo il giovedì successivo.

Rodrigo torna in Hotel, chiama il padre perché venga a riprenderlo ma proprio lì il fato decide di giocare le sue carte migliori.

Lolo incontra un mister delle giovanili del Boca, Horacio Garcia, che gli propone di fermarsi fino a giovedì e nel frattempo di allenarsi con la squadra dei 1996, visto che i ragazzi della sua età, quelli del 1997, sono già in vacanza.

Rodrigo non ne vuol sapere ma ancora una volta il padre lo convince.

Si allena per 3 giorni con i ragazzi del 1996 diretti da uno dei più grandi Mister della storia del settore giovanile del Boca, Luis Luque.

Alla fine di quelle tre giornate le parole dei dirigenti del Boca sono inequivocabili “Ok ragazzo. Tornatene pure in Uruguay ma prepara la valigie perché per l’inizio della nuova stagione ti vogliamo qui con noi, al Boca”.

A Rodrigo tremano le gambe, ma a 12 anni la decisione è tutt’altro che facile.

E’ ancora una volta il padre a diventare determinante “Lolo, tu prova. Al primo momento in cui senti che non ce la fai, io arrivo e ti riporto a casa”.

Il resto è storia recente.

Rodrigo esordisce nel Boca a pocopiù di 17 anni e oggi, a 18 anni e mezzo, può considerarsi titolare in un Club che sta tornando prepotentemente ai livelli che la sua storia gloriosa pretende.

E’ proprio di ieri sera il suo primo gol ufficiale con i colori blu-oro degli Xeneizes, dopo poco più di 40 secondi nella brillante vittoria contro il Newell’s che ha, forse definitivamente, spazzato via i dubbi sulla continuità del “vasco” Arruabarrena al timone del Club.

Arruabarrena che crede ciecamente nelle qualità di questo elegantissimo centrocampista il cui futuro, possiamo starne certi, sarà a breve in uno dei grandi Clubs del calcio europeo.

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