Josè Luis Sanchez, detto “El Garrafa” così chiamato perché il mestiere del padre era quello di rifornire di bombole di gas liquido le abitazioni del suo quartiere, nasce a Buenos Aires nel 1974, in un barrio poverissimo, La Tablada. Da subito si capisce che è dotato di un talento davvero raro. Nelle giovanili mostra fin da piccolissimo doti non comuni di dribbling, controllo di palla ed è già dotato di un tiro fortissimo.
E’ piccolino e magro a tal punto che suo fratello maggiore all’inizio si oppone al fatto che Josè Luis partecipi ai popolarissimi campionati locali, dove girava molto denaro ma dove la violenza era all’ordine del giorno. “A volte andavamo al campo di gioco senza dirgli nulla per evitare che venisse … ma lui riusciva sempre a raggiungerci e alla fine era impossibile non metterlo in campo !”
“In realtà faceva e ci faceva fare quello che voleva. Anche se era il più piccolino di tutti era il più intelligente, era sveglio e aveva una parlantina che ti convinceva sempre. Alla fine sembrava lui il fratello maggiore e noi lo ascoltavamo e lo seguivamo. Abbiamo sempre saputo tutti che avrebbe finito per giocare in Primera.”
Il suo primo vero club fu il Deportivo Laferrere che giocava nella 4a divisione argentina. Fece la classica trafila nelle giovanili come centravanti. Segnava con regolarità spaventosa, era velocissimo, dotato di un dribbling e di un tiro fenomenali. Il suo esordio in prima squadra però avvenne, assai sorprendentemente, come terzino sinistro. “Fu a tutti evidente” ricorderà lo stesso Sanchez in una intervista qualche anno dopo, “che non c’era davvero nessuno in quel momento in grado di ricoprire quel ruolo e così ci misero me … la giustificazione fu che io ero l’unico mancino rimasto a disposizione !”.
L’esordio fu proprio nel derby contro l’Almirante Brown. “Dribblai un paio di volte all’interno della nostra area … i miei compagni per poco non mi picchiarono !”. Dopo questo incontro due cose sono però appaiono a tutti estremamente chiare; la prima è che “El Garrafe” è più che degno di giocare in prima squadra e la seconda è che solo un pazzo può farlo giocare da terzino !
Pochi mesi dopo però la sorte gli presenta il primo “conto” importante; si rompe i legamenti crociati del ginocchio.
Rimane fermo quasi un anno.
Al rientro, oltre ad un normale timore nei contrasti, appare evidente a tutti una cosa; El Garrafe ha perso buona parte della sua incredibile velocità.
Il padre gli consiglia addirittura di ritirarsi, di smettere di giocare a calcio.
Non potrà più arrivare dove invece tutti erano certi potesse arrivare prima di quel terribile infortunio. Josè Luis risponde in modo molto chiaro “Pà, ci sono due cose che non posso smettere di fare; giocare a calcio e correre con la mia moto”.
Anche stavolta avrà ragione lui. Lo spunto non è più quello di prima, ma la tecnica è rimasta la stessa, la capacità di inventare giocate prodigiose anche. Arretra qualche metro, da prima punto diventa un “enganche”, un numero 10 classico.
E’ sempre di gran lunga il più forte giocatore di quella categoria. Il carattere è focoso in campo come è invece guascone e spiritoso fuori.
Dopo una partita che il suo Deportivo Laferrere perse contro la squadra di “El Porvenir” al termine di 90 minuti molto intensi e combattuti El Garrafa, costretto a sedere in tribuna per squalifica, si presenta davanti agli spogliatoi avversari e all’uscita dei giocatori avversari dichiara ad alta voce “la prossima volta giocherò anch’io e non ci sarà storia contro “estos putos”. L’allenatore avversario Ricardo Calabria lo sente e ricambia con veemenza l’epiteto. “Bene” risponde senza scomporsi Josè Luis “a questo punto tre gol te li faccio io da solo”.
Arriva la partita di ritorno e dopo neanche 5 minuti Sanchez segna il primo gol. A metà del primo tempo segna il secondo. Passa davanti al tecnico e gli dice “Sono già 2 … e non siamo neanche a metà partita !”.
Il terzo arriverà nella ripresa.
A fine partita lo sportivissimo tecnico Calabria va da lui per complimentarsi, lo abbraccia ma gli dice “stavolta una promessa te la faccio io; tu l’anno prossimo giocherai nella mia squadra”
Così fu. Era la stagione 1997-1998. El Porvenir conquista la promozione alla serie B argentina (la Primera B Nacional) e Sanchez si rivela l’autentico ed indiscusso protagonista di quella stagione, con i suoi gol e con i suoi assists.
La squadra, composta da giocatori che poi arrivarono a buoni livelli nel calcio argentino come Adrian Gonzalez, Ruben Forestello, Miguel Coronel o Ivan Delfino gioca al ritmo del “Garrafa”; lento, suadente, armonioso … a volte da sembrare quasi un ballo si disse all’epoca.
La sua figura è talmente decisiva che nell’ultima partita contro il Colon il mister Calabria decide di farlo entrare per dargli la passerella che merita anche se Sanchez è palesemente infortunato e quasi non riesce a correre !
In quel periodo El Porvenir gioca diverse amichevoli con la Nazionale Argentina e Sanchez afferma ogni volta con la massima tranquillità “non mi sento inferiore a nessuno di loro. L’unica cosa che hanno in più è che vanno più veloci !”
Quello che accadde in una di queste amichevoli ha dell’incredibile; El Porvenir sconfigge 3 a 1 la Nazionale Argetnina, ma su tutti i giornali la partita termina invece con 4 a 3 per la nazionale biancoceleste !
Troppo grande l’onta di una sconfitta contro un team di Serie B per raccontarla a tutto il Paese ! Durante la partita c’è un momento particolare in cui El Garrafa inizia a “danzare” con la palla dribblando ripetutamente “El cholo” Simeone ed il “Muneco” Gallardo, che erano le due mezzali dell’Argentina di quel periodo (e ora affermatissimi allenatori con Atletico Madrid e River Plate). Ad un certo punto un sorpresissimo Gallardo si avvicina alla panchina del Porvenir e chiede al Mister Calabria “ma chi cavolo è quel vecchietto ?” El Garrafe aveva allora soltanto 25 anni ma una calvizie incipiente !
Questa non è certo la sola similitudine con un altro grandissimo personaggio “cult” del calcio argentino di cui troverete la storia sempre sul Blog, quella del “Trinche” Carlovich. Stesso modo di vivere il calcio, passionale e libero, stesso distacco da tutto quello che ci ruota intorno e stessa avversione per allenatori e schemi di gioco.
E pure la stessa passione per le carte e per la gente del suo Barrio ! Quando il suo compagno di squadra e amico fraterno Ruben Forestello lo passava a prendere per andare insieme all’allenamento aveva una certezza; se El Garrafa non era in casa era in qualche bar del suo Barrio a giocare a carte con i vecchi del quartiere !
Josè Luis rimane un’altra stagione nel team di Gerli quando arriva una importante e inaspettata chiamata dall’Uruguay, da un ottimo team di Prima divisione come il Bella Vista. L’impatto è straordinario; il club si qualifica per la Coppa Libertadores ma Sanchez non giocherà neppure un incontro; deve tornare in Argentina, il padre è gravemente malato e lui vuole stare al suo fianco. Dal Club uruguagio non arriva nessun tipo di supporto, ne morale ne tantomeno economico. EL Garrafa rimane lontano dai campi di gioco 7 mesi. In Uruguay non lo vogliono più e alla morte del padre lui pensa seriamente di lasciare il calcio. Ma arriva l’uomo che riesce a ridare il sorriso a Josè Luis; Oscar Cachin Blanco, allenatore del Banfield, allora nella Seconda Divisione argentina lo vuole con lui. “nessuno avrebbe dato un pesos per lui. Era ingrassato e le ultime disavventure lo avevano parecchio segnato” Ma, come spesso accade, il calcio riesce a restituirgli la sua allegria e il suo amore per il pallone. “El Taladro” (il trapano) conquista immediatamente la promozione e ancora una volta EL Garrafa è l’autentico protagonista di questa impresa. Per la gente del Banfield diventa subito un idolo assoluto. Il suo nome entra finalmente di spicco tra i grandi del calcio argentino e spesso le sue giocate vengono accomunate a quelle di due dei più grandi calciatori argentini di tutti i tempi e due dei più fenomenali “10” del calcio mondiale; Ricardo Bochini e Diego Armando Maradona.
“Era un autentico artista” ricorda Mister Blanco “e come tale dovevi lasciarlo libero di creare”.
Nella finale contro il Quilmes per l’accesso alla promozione gioca una partita straordinaria, sensazionale. Sono tantissimi i tifosi del Banfield presenti quel giorno che dicono inequivocabilmente “è impossibile che ci siano giocatori che abbiano giocato meglio di lui in quella partita. Nessuno nei 90 minuti è mai riuscito a togliergli la palla”. Addirittura in quel match tiene la palla tra i piedi nella trequarti avversaria per 18 secondi consecutivi … prima di offrire l’ennesimo assist “al bacio” per un compagno !
Quella partita evidenzia ancora una volta una delle caratteristiche principali del Garrafa; nelle partite importanti non fallisce mai. Anzi, più la partita era importante più le sue giocate diventavano sempre più coraggiose e geniali. Era uno dei tanti motivi per cui era così amato da compagni di squadra e tifosi. Non si nascondeva mai … anzi.
Nel 2001, a 28 anni suonati, debutta finalmente nella Prima divisione argentina. E il suo modo di giocare non cambia di una virgola !
“Ci sono tanti giocatori che pensano troppo prima di una partita. Li vedi entrare che sono tesi, preoccupati. Pensano troppo alla partita. La partita la devi giocarla e goderla … non pensarla.”
Lui si diverte come un matto, sono anni che aspetta quel momento. Per lui giocare nel suo Barrio o alla Bombonera non cambia nulla. E’ sempre un pallone. “Io sento che il calcio è questo; divertimento. Se sai giocare a calcio devi solo pensare a farlo e se sai giocare a calcio di cosa ti devi preoccupare ?”.
Al Banfield rimane fino al 2005, ma l’ultima stagione non lo vede giocare con la continuità solita. In fondo a lui interessa solo quello; giocare. Scopre che non rientra più nei piani del Club e se ne va senza avere il saluto che meriterebbe dai suoi tifosi. Su DOVE andare non ci pensa neppure un secondo; ci sono diverse squadre della Serie B argentina interessate ai suoi servigi ma lui decide di tornare nel “suo” Deportivo Laferrere in 3a divisione. Il piccolo Club impazzisce di gioia all’idea di riabbracciare il suo adorato figliol prodigo. In fondo ha solo 31 anni, con tanti “canios” da “tirare”, ancora tante rabone o gambetas per divertirsi e divertire i tifosi.
Ma al destino tutto questo non importa. La sua moto e il suo amore per la velocità lo tradiscono. A poche centinaia di metri da casa, mentre si sta recando all’allenamento con la sua moto, saluta un amico a bordo strada e poi impenna la moto; perde il controllo e con la testa va a sbattere contro un lampione a bordo strada. E’ senza casco, non lo metteva mai. L’8 gennaio del 2006, dopo due giorni di agonia, “El Garrafa” muore.
Sua madre ricorda ancora oggi quante volte lo implorava di andare piano, di non rischiare così … “Mami, abbiamo tutti il nostro destino scritto”. Era così El Garrafe, viveva al limite, fuori e dentro il campo di gioco. “La vita è esattamente come il campo di calcio” diceva Josè Luis “sai che prima o poi può arrivare l’entrata che ti spezza la carriera … e allora cosa fai ? Non giochi ?”
ANEDDOTI E CURIOSITA’
Spesso fu accusato di eccessivo individualismo e ad un giornalista che gli chiedeva se non riteneva a volte di esagerare nel tener palla El Garrafa rispose “Vedi, non è egoismo. Io non voglia darla ai miei compagni solo perché ho una paura fottuta che poi non me la restituiscano “
Dopo una partita nel Banfield, contro gli acerrimi rivali del Nuevo Chicago Josè Luis e Ruben Forrestello suo compagno di squadra, decidono di fermarsi ad una stazione di servizio per mangiare un panino. Come stanno per parcheggiare la macchina si accorgono che è colma di tifosi del Nueva Chicago. Forrestello consiglia di andare alla prossima “Perché ?” gli chiede El Garrafa “io ho fame adesso !” Entra, passando in mezzo ai tifosi del Nueva Chicago. Questi lo fissano e uno di loro commenta “sai che quel tipo qua sembra proprio El Garrafe, il 10 di quei putos del Banfield ?” “Ma smettila !” gli risponde un altro “Ma chi vuoi che sia così matto da venire qua dentro con una cinquantina di noi presenti ?” … semplice … El Garrafa ! … solo che alla fine vengono riconosciuti, gli viene rubato tutto quello che hanno con loro e deve arrivare la polizia a salvarli !
Tra le altre cose “El Garrafa” era un eccellente specialista dal dischetto. Particolarissimo il suo modo di calciare i rigori; rincorsa lunghissima e appena prima del tiro uno “strano” salto con il quale rallentava la corsa … il portiere a questo punto aveva già “battezzato” dove buttarsi e Sanchez a questo punto, con grandissima freddezza, non doveva che mettere la palla nell’angolo opposto.
Nell’ultimo periodo nel Banfield il rapporto con l’allenatore Falcioni è tutt’altro che idilliaco e El Garrafa doveva accomodarsi spesso in panchina, salvo poi entrare e cambiare spesso il volto all’incontro. Nei giorni precedenti il “clasico” contro gli acerrimi rivali del Lanus passando davanti alla porta del Mister El Garrafa tira due pugni contro la porta, convintissimo che Falcioni non fosse all’interno “Quand’è che mi fai giocare brutto figlio di puttana ??!!” … la porta si apre, esce Falcioni che gli risponde serafico “mai, gordo (ciccione)… mai”. Solo che la domenica successiva con il Lanus in vantaggio per uno a zero Falcioni si rimangia la parola, mette in campo Sanchez e il Banfield rimonta e vince il match !
Un giorno arriva la chiamata nientemeno che dal Boca Juniors. Allenatore è il durissimo Carlos Bilardo. El Garrafa si presenta al campo, arrivando ovviamente in moto.
Bilardo lo scruta attentamente. Guarda Sanchez e poi guarda la sua moto.
E’ proprio lui. Lo stesso che pochi minuti prima lo ha superato in tangenziale a doppia velocità.
Questo è più che sufficiente per Bilardo.
“Rimandatelo al Banfield” sentenzia Bilardo.
Sempre al Banfield, nell’era Falcioni, El Garrafa segna un gol contro l’Union. Corre verso la curva e nell’enfasi dei festeggiamenti lancia la maglia in curva. Torna verso il rettangolo di gioco e si accorge che non ci sono magliette di ricambio. Deve essere sostituito … Falcioni gli urla “Con me non giocherai mai più gordo !” … fino alla prossima partita …
A seguire due dei tantissimi video su questo grandissimo e sfortunato giocatore.
Su di lui è stato fatto anche un film, assolutamente imperdibile per chi ama questo genere di storie, chiamato “EL GARRAFA, una pelicula de Fulbo” disponibile gratuitamente in rete. ( http://youtu.be/Y0NzeQqJ5sM )
Infine, un ringraziamento speciale all’amico Roberto Bianchi che mi ha fatto conoscere questa meravigliosa storia.
Roberto, oltre ad essere una persona gentile, disponibile e di grande spessore, ha due caratteristiche che me lo fanno “amare” profondamente;
è argentino e vive a Bilbao. … E tifa Boca e Athletic Club.
queste sono le storie che mi fanno amare il calcio,e quello sudamericano,dove la storia di un continente si riflette su ogni singola giocata,e uomini straordinari come el garrafa sono l’esempio.
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